Nota Bene

Ci sono tantissimi approcci in psicoterapia ed ognuno di essi, partendo da assunti filosofici diversi, prevede differenti setting, differenti modalità di fare terapia e di concepire il paziente.
Nell'approccio che ho scelto di seguire l'utilizzo di termini psichiatrici trova poco spazio, perché non ci aiuta nel comprendere cosa stia veramente accadendo alla persona.

"Salve, sono Tizio e sono depresso."

Da una semplice affermazione di questo tipo o di diagnosi io non so dire cosa sia la depressione. Direte, "Ma come! E' assurdo sei una psicologa avrai studiato cos'è la depressione!". Mi dispiace, ma non lo so davvero perché per me non esiste la depressione di per sè senza il racconto della persona che la vive. Io credo che esista una realtà laddove ci sia una persona a viverla.

E quindi, tornando alla frase di Tizio, io posso solo immaginare che con quella frase stia cercando di raccontarmi il suo modo personale di vivere una sofferenza. Ma cosa mi sta raccontando con quel sentirsi depresso? Cosa sta vivendo?

Spesso in terapia arrivare a delle risposte non è poi così difficile perché come dice G.Kelly:

«se c'è qualcosa che non capisci del tuo cliente, prova a chiederlo a lui: magari ti risponde!».

Per cui quello che faccio nella stanza della terapia è cercare di muovermi nel tentativo di comprendere, assieme alla persona che mi sta davanti, che senso abbia per lei vedersi come una persona "malata", "depressa", "bipolare" ecc. cosicché sia proprio quella persona la massima esperta tra noi due.

Comprendere insieme alla persona che cosa stia vivendo è un modo per iniziare a collegare i fili rossi che intrecciano passato, presente e futuro e per cercare alternative da percorrere che possano aprire nuovi scenari.

Quindi mi dispiace ma no! 
Io non so darvi un modo, che sia uguale per tutti, di risolvere i problemi!